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mercoledì 12 giugno 2013

perchè  

Perché oggi è un altro di quei giorni no, che non sarebbero più dovuti tornare, quelli in cui di nuovo mi sembra di aver toccato il fondo. Quei giorni in cui non mi riconosco neanche più per i pensieri orrendi che mi passano per la testa. Quando vorrei il male, ma quello brutto per tutte le persone malvagie che mi hanno ridotta così. Quei giorni in cui ritornano le lacrime agli occhi ed era tanto tempo che non accadeva, troppo tempo e credevo che non potessero tornare più. Quando mi accorgo di quanto male ancora mi possa fare e di quanta strada e quanta fatica bisogna ancora fare per venirne fuori, anche solo per essere in grado di respirare.

 
Lunedì c’è stata l’ultima seduta della CTU, io e lui, insieme, ad ascoltare le conclusioni della consulente. Non mi sembrava vero di aver finalmente finito, di non dover più chiedere permessi, perdere treni, prendere autobus e fare corse per essere esaminata.
Ieri il mio avvocato ha ricevuto la bozza della relazione della CTU e me l’ ha girata. Ho cominciato a leggere le 54 pagine con la descrizione dettagliata di tutti i singoli incontri avvenuti davanti alla CTU. Tutto quello che è stato detto da me , da Iaia, da mia mamma, da sua mamma, da lui e dalla sua nuova compagna. Leggevo ed ero incredula, le mie uniche certezze che il nostro era stato un vero grande amore sono miseramente crollate. Lui non mi ha mai veramente amata: vent’anni di illusioni, di prese in giro dei mie sentimenti. Ha detto che nostra figlia è venuta quasi per caso, che  non c’era una vera decisione. Io ricordo ancora quella sera e non è per niente come ha raccontato lui. Credevo che volessimo tutti e due avere nostra figlia, ma adesso dubito molto anche di questo. Forse lui sperava che non succedesse, ma ormai era troppo tardi per cambiare idea.
Non ho più certezze mi sento come alla deriva in un immenso  oceano, aggrappata solo ad un pezzo di ramo e non so nuotare.
Così questa sera mentre andavo a prendere il regalo promesso a Iaia sono passata davanti a una chiesa e ho sentito lo strano bisogno di entrare. Come se oltrepassare la porta d’ingresso mi avrebbe trasportato in una dimensione in cui tutto il dolore sarebbe sparito o quanto meno sarei riuscita a dargli un senso. Io non credo nella chiesa, non credo in Dio, anzi ultimamente l’ho maledetto spesso, ma da piccola andavo a messa tutte le domeniche accompagnata da mia nonna materna e forse per questo ho creduto di immaginare che entrando  avrei percepito la sua presenza.
Ho deciso di andare a prendere il regalo e poi di tornare indietro e rifugiarmi in quel posto che mi sembrava l’unico luogo in cui mi sarei sentita meglio. Così ho fatto e quando ho girato l’angolo quasi correndo in cerca di pace, mi sono trovata di fronte ad un portone chiuso.

Sono tornata a casa con di nuovo il desiderio di andare via, di scappare perché ancora una volta non ho la forza di affrontare la realtà

giovedì 6 giugno 2013

quattro  

Quattro anni fa mi trovavo, semimorta, in un letto di una stanza di ospedale;  sdraiato alla mia sinistra avevo un esserino minuscolo di appena due chili e mezzo. Un piccolo E.T. che non smetteva mai di piangere.

Questa mattina, dopo esattamente quattro anni, ho sentito quell’essere minuscolo chiamare mamma. Ero io la sua mamma... Sono io la sua mamma. E siccome le voglio un mondo di bene sono entrata nella stanza buia con una torta alle mandorle con sopra quattro candeline accese (brava le hai spente tutte al primo soffio).
Quattro anni fa ero stanca e distrutta dopo un travaglio iniziato due sere prima, ma avevo ben chiaro nella mente come che sarebbe stata la nostra vita.

Oggi, dopo quattro durissimi anni, ho un mal di testa che mi scompone e non ho assolutissimamente idea di quello che ne sarà del mio, del nostro, futuro. Ho mille porte davanti e posso aprirle e richiuderle tutte quante. Posso aprire o chiudere le mie braccia, posso e devo vivere al meglio la mia vita. Anche da mamma single.

Tantissimi auguri mio piccolo fiorellino. Ti voglio infinitamente bene.
Alla nostra!

sabato 1 giugno 2013

scontri  


Dunque, cosa stavo dicendo? Ah sì, che venerdì ci sarebbe stato uno scontro all’ultimo capello.
In realtà ci siamo salvate le fluenti chiome perché alla fine lei ha avuto la decenza di andarsene subito, quindi ho solo sentito la sua voce che salutava mentre usciva.

Così lo scontro con lei non c’è stato, in compenso c’è stato con lui, il mio ex marito. Ed è stato un peccato perché avevamo cominciato bene l’incontro, poi però non ricordo neanche  più che scintilla ha fatto scatenare l’inferno.  Ma la cosa più allucinante è che nessuna delle consulenti e ctu se lo aspettava.
Ma io mi chiedo:  come si fa a pensare che nella nostra situazione non ci sia un concentrato di rabbia tale da far esplodere un palazzo di 20 piani. E  come si fa a dire che dobbiamo azzerare tutto e che lui da adesso deve cominciare a essere sincero e rispondere onestamente alle mie domande? Ma soprattutto chi se ne frega di fargli delle domande. Quello che dovevo sapere già lo so, non devo avere nessuna conferma.
Sono sempre più sconcertata da queste psicologhe, dall’incapacità o la superficialità con cui affrontano questo lavoro (si salva un po’ solo la mia), dalla loro convinzione di essere infallibili. Però ho capito una cosa: mai contraddirle, mai provare a intervenire con opinioni diverse, altrimenti vai  dritta nella lista nera, quella in realtà dove dovrebbero andare a finire loro.

Detto questo, il compito da fare entro il 10 di giugno è quello di mettermi d’accordo con il mio ex sul cambiamento dei giorni da passare con nostra figlia. Facile, ci abbiamo impiegato solo due anni e mezzo con gli avvocati. Come abbiamo fatto a non pensarci prima!
 
Ho sempre paragonato la mia storia a una caduta in un buco nero. Adesso mi sento come se, risalendo per uscirne, mi fossi ritrovata in mezzo alla melma e più cerco di venirne fuori e più ci sprofondo dentro insieme al mio ex marito.E la cosa più brutta è che ci stiamo trascinando dietro anche nostra figlia.
 
Ma come ho fatto a non accorgermi con che razza di verme sono stata per quasi vent’anni?