nomi
I momenti migliori per le
mie riflessioni sono durante il tragitto che in macchina mi porta al lavoro. Mi
dico sempre “se potessi scrivere adesso lo farei così bene come non ho mai
fatto” I pensieri sono fluidi, omogenei e non scollegati e complicati come quando
cerco di trasformarli in parole.
In passato, quando pensavo a come avrei potuto chiamare una mia ipotetica figlia (chissà perché non ho mai pensato al maschile), l’unico nome che mi veniva in mente era Nikita. Adoro la canzone di Elton John e il video che aveva fatto mi dava una sensazione che mi piaceva.
Quando io e il papà di Iaia abbiamo iniziato a parlare di nomi di figli, lui mi ha scartato immediatamente Nikita e dopo il suo Erasmus è tornato a casa con un nuovo nome che gli piaceva molto: Ivy, dicendo che al campus c’era una ragazza bellissima che portava questo nome altrettanto bello. Probabilmente già dovevo sentire un leggero peso sulla testa. Comunque l’ho escluso a priori.
Dopo qualche anno abbiamo deciso di fare un figlio e abbiamo cominciato a parlare seriamente di nomi. Alla fine tra Rebecca e Margherita è stato scelto Rebecca. E fu così che da quel momento in poi ovunque ci girassimo c’era una mamma che chiamava la figlia col nome che avevamo scelto. Per questo, pensando che ci fossero troppe Rebecche in giro, abbiamo cambiato idea e abbiamo scelto Margherita.
Prima di partorire mi chiedevo come sarebbe stata, perché associavo il nome Rebecca ad una persona forte e determinata, mentre pensando a Margherita mi veniva in mente una bimba dolce e sensibile. Uno l'opposto dell'altro.
Lunedì, risentendo quella canzone, ho capito che abbiamo scelto proprio un nome che la rappresenta e sentendo le parole di Cocciante sembra che descriva proprio lei.