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giovedì 26 febbraio 2015

io  

Recentemente ho letto un articolo sui disoccupati e su come la loro reazione al licenziamento influenzi il loro comportamento.
Il giornalista scriveva che ci sono tre tipi di disoccupati: quelli "tristi" e cioè quelli che una volta perso il lavoro entrano in depressione, quelli che, diciamo così, è come se non fosse successo niente e quindi vivono tranquilli il nuovo stato e quelli che addirittura da tristi/normali diventano quasi felici.
In seguito a questa ricerca si è concluso che i "depressi" si sforzano nella ricerca di un nuovo lavoro meno di quelli "felici",  che sono più fiduciosi di trovare subito un nuovo impiego.

Dopo aver letto questo articolo ho trovato una mia collocazione: io sono una disoccupata felice, convinta che, nonostante l'età, qualcuno mi assumerà presto e tornerò ad essere una lavoratrice (forse non troppo contenta).
Non sono entrata in depressione, non ho avuto paura, ma anzi quando dico che mi hanno licenziata lo dico sorridendo e spesso chi mi conosce pensa, forse a ragione, che io sia un'incosciente. Un'incosciente perché ho una figlia piccola e nessun marito che possa garantire una seconda entrata in famiglia.
Se ci penso, dal di fuori, penserei anch'io di essere una pazza scriteriata e quindi mi faccio un esame di coscienza. Perché sono così tranquilla e non sbatto la testa contro il muro pensando che presto dovrò lasciare la mia casa perché non potrò più pagare l'affitto? Ma soprattutto perché oggi ho strappato un assegno da tre zeri per pagare una vacanza a Disneyland Paris per festeggiare il compleanno di mia figlia?
Forse è il mio carattere per cui mi lascio scivolare le cose addosso. Forse perché ho quattro mesi di mancato preavviso pagati e dodici anni di liquidazione sul conto. Forse è la quasi certezza di avere per otto mesi un minimo di assegno di disoccupazione e la consapevolezza che se farò causa alla mia ex ditta potrei ottenere un ampio margine di respiro. O forse ho sofferto così tanto in  passato  e adesso niente può più farmi vacillare.
Non so, credo che sia un mix di tutto questo o forse è vero quello che tanti anni fa mi disse una persona che oggi non c'è più: io sembro una persona che non si lascia scalfire, che non se la prende, ma in realtà mi tengo tutto dentro e il mio stomaco diventa il fulcro di tutto il mio disagio, una contorsione di dolore, sofferenza, stress, ansia, paure, incomprensioni, cose non dette, che non posso o non voglio esternare.
Forse sì, aveva ragione lui ed è per questo che oggi, nonostante Disneyland e nonostante gli avvocati che mi hanno dato ragione, ho un fortissimo dolore proprio al centro del petto, proprio dove si dirigono tutte insieme le mie paure e i miei pensieri.

What next?

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2 commenti: to “ io

  • franci
    3 marzo 2015 alle ore 17:43  

    Ci assomigliamo io e te ...

    goditi disneland paris con tua figlia e continua ad essere fiduciosa ....un abbraccio forte forte

  • shestoomuch
    6 marzo 2015 alle ore 12:36  

    Pensa che io non vorrei essere come sono...
    Speriamo in bene per Disneyland perché, come prevedevo, quel fine settimana hanno programmato il pranzo dell'asilo con relativi spettacoli preparati dai bambini durante l'anno e la maestra non è stata contenta quando le ho detto che Margherita non ci sarebbe stata...