31/12/2012
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Vorrei avere con me un oracolo che potesse dare una risposta a questa domanda:
ma io mi sento bene perché in questi ultimi anni ho sofferto troppo o davvero il peggio è passato e da adesso in poi il buio non tornerà più a trovarmi d'improvviso?
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non andare via |
John e Dom |
Dom che piacevole sorpresa |
la prima foto |
Nick |
Simon |
Simon e John |
Anna e Simon |
John e Dom |
you' re sexy |
mi guardi? |
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Domenica scorsa sono scesa dal treno con la sensazione di
essere stata via una vita: erano trascorsi solo tre giorni. Questo è quello che
ho vissuto.
in giro per Verona |
ingresso platea |
tanta gente |
Simon... |
Simon troppo lontano |
almeno mi sono sentita all'altezza |
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Vorrei postare il racconto della nostra bellissima vacanza. Fissare i ricordi quando sono ancora freschi, ma questo è quello che ne rimane
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va bene, o forse non tanto, ma oggi c'è stato il pareggio. Solo ieri gioivo per il mio primo punto e oggi, quasi come una delle ultime partite dell'Italia, è arrivato l'uno a uno. La mia difesa si è come dire distratta, diciamo così...
Intanto oggi mi sono anche ustionata durante la recita delle mie nipotine. Tutto il pomeriggio sotto il sole, ma non potevano farla in un posto con un po' d'ombra? Adesso sono rossa come un peperone e brucio come un pollo allo spiedo.
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Oggi, nonostante abbia avuto più volte l'occasione di passare davanti a casa sua per vedere se era a casa o se lei era a casa sua, non l'ho fatto. Ho fatto altre strade.
Non che la voglia non mi sia venuta, ma non l'ho fatto. Questo è il mio primo punto, il mio primo gradino.
E mi sento un po' meglio.
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Abito in una zona che, a detta degli esperti, non è a rischio sismico. Di scosse ne abbiamo avute anche noi, ma solo di riflesso ad epicentri relativamente vicini. Scosse di due o tre secondi, fortunatamente neanche il tempo per avere paura. Le volte che è successo non me ne sono quasi mai accorta.
Il 19 maggio scorso sono stata a Mantova per visitare la città, per fuggire da incontri sgradevoli e dolorosi.
Quello che sto per descrivere sono la mia esperienza, le mie sensazioni e la mia paura di quella notte tra il 19 e il 20 di maggio.
Sono rimasta con gli occhi chiusi, non ero ancora del tutto sveglia, era quasi un sogno. C’era un rumore strano, mi sentivo sballottata e la prima cosa che ho pensato è stata “ mi sono addormentata sul treno, ma dove sto andando?”. Poi ho realizzato di non essere su un treno, ma nel mio letto che stava andando avanti e indietro sempre più forte e ho capito: il terremoto. Ho iniziato a preoccuparmi perché non smetteva ma aumentava accompagnato da quel rumore sordo. Ho pensato che fossimo noi l’epicentro e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata Iaia: “Devo prenderla e scappare fuori”. Ma continuavo a restare nel letto con gli occhi chiusi, perché quando ti capita di essere svegliata nel cuore della notte ci vuole un po’ prima di capire che non stai sognando.
Ero convinta di essere a casa mia e quindi di avere il lettino di Iaia di fianco, ma non ne avevo la percezione. Sentivo che non c’era. Allora ho pensato che fosse nel lettone insieme a me e che quindi dovevo prenderla subito, ma non la sentivo vicino. Intanto restavo ferma come se non fosse vero, fino a quando finalmente mi sono resa conto di essere a Mantova e che dovevo pensare a mia mamma perché ero con lei. Solo allora ci siamo alzate di scatto sempre accompagnate da questo rumore cupo, quasi il verso di un mostro che ti avvisa che sta arrivando.
Mi sono infilata le ciabatte e sono corsa fuori dalla stanza, ma ormai era già passato. Erano le 4:08.
Ho sempre pensato che in occasioni del genere la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata prendere il cellulare il portafogli. Invece ho messo solo le ciabatte. Ho capito che se sei sorpresa da un terremoto di notte, o sei già sveglia e riesci a scappare subito o se la casa crolla tu ci resti dentro. Quando capisci dove sei e cosa devi fare è già troppo tardi. Il terremoto non ti lascia il tempo.
Ho scoperto che il terremoto ha una voce. Pensavo fosse solo una mia sensazione, invece ho letto di altre persone che l’hanno sentita. Non so cos’è, se è la terra ad urlare, ma è proprio un suono strano, sordo, quasi trattenuto. E di notte fa paura.
Il terremoto ti terrorizza, non solo quando ci sei in mezzo, ma anche dopo. Io quella notte non ho più dormito, ho sentito anche la seconda scossa e se devo essere sincera ancora adesso quando vado a letto o quando sono seduta, se ci penso, sento la terra tremare. So che è una sensazione, che non è vero e che passerà, ma la paura che ho provato quella notte mi resterà dentro per sempre insieme alla tristezza per le persone che ne sono rimaste coinvolte.
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Oggi mi sento un po' così, sospesa tra il mio amico baratro e la luce che sinceramente faccio ancora molta fatica ad individuare.
Indecisa, confusa, strana, come direbbe Iaia un po' vuota e un po' piena.
Non ho voglia di fare molto, ma non vedo l'ora di giocare con la mia bimba che non vedo da ieri mattina.
Questi turni mi permetto di prendere delle voloci boccate d'aria, ma mi tengono troppo lontana da lei. Come il prossimo week end.
Per fortuna venerdì pomeriggio sono a casa per andare con lei alla festa del nido. Dall'anno prossimo passerà alla scuola materna. Sta diventando grande...
Sabato ho deciso che farò la turista a Milano. Così cerco musei da visitare, posti in cui andare e perchè no, visto che sono già iniziati i saldi, mi concederò un po' di sano shopping. Almeno non rischierò di fare brutti incontri.
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Tre anni fa esattamente alle 11:08 nasceva Iaia, mia figlia. Ancora adesso mi fa effetto scrivere “mia figlia”, ma tre anni fa oggi cominciava la mia avventura di mamma. Tre anni fa, sebbene impaurita, sapevo come sarebbe stato il nostro futuro, la nostra famiglia. Ero sicura che saremmo stati una famiglia invidiabile, felice, serena. Ero convinta che la nostra vita sarebbe stata fatta di fine settimana al mare, in montagna, di abbracci a tre, di cene piene di risate, di amore infinito per tutti.
Oggi la mia famiglia siamo io e lei e anche se ancora adesso sono una confusione di sensazioni contrastanti, ho la certezza che lei ha bisogno di me e che io ci sarò per sempre.
Non sarò mai una mamma perfetta e forse non mi avvicinerò neanche a quell’idea, ma mi impegnerò e cercherò di renderla orgogliosa della sua mamma. Ed è proprio per questo che sto combattendo per superare al più presto questo periodo difficile. Perché solo ritrovando me stessa riuscirò ad essere una buona madre per lei.
Cercherò di proteggerla, di sostenerla, di consigliarla, di viaggiare al suo fianco fino a quando vorrà e ne avrà bisogno. Cercherò di essere decisa quando sarà necessario e dolce e affettuosa quando sarà triste. Cercherò di insegnarle a vivere seguendo le mie esperienze, di renderla forte e indipendente e cercherò di accettare le sue scelte e di parlare e confrontarmi con lei sempre.
Sono passati tre anni, mi sembra così grande. Mi sorprende con le sue domande dettate dalla situazione difficile che sta vivendo. La guardo e mi sembra impossibile che era uno scricciolo di 49 centimetri e di soli due kg e mezzo. E’ bella, bella e simpatica come solo un figlio riesce ad essere. E mi dice che mi vuole bene e mi abbraccia stringendomi forte forte, come una volta faceva il suo papà…
Tanti auguri mia piccola ma grande Margherita.
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In queste settimane ho pianto tanto, troppo. Ho pianto con mia mamma, ho pianto sulle scale con una mia vicina, ho pianto con mia sorella, ho pianto al telefono con mio padre. Ho pianto fuori da un cimitero con una collega, ho pianto in un supermercato con una vecchia amica della nostra vecchia compagnia, ho pianto per un’ora intera davanti ad una psicologa perplessa che alla fine mi ha detto che riprendere a fumare dopo 12 anni dall’aver smesso sarebbe stato il male minore. Ho pianto da sola in bagno, in cucina, sul letto e sul divano, ho pianto in macchina e ho pianto, svegliandomi senza motivo alle quattro di notte. Ho dormito e mangiato poco perdendo quattro chili, ma questo ha avuto il suo risvolto positivo.
Ho scoperto che quando non ti tieni tutto dentro hai un vantaggio: non resti più sola. Ci sono tante persone che mi stanno vicine. Ho saputo che tutti i nostri amici ci sono rimasti male per quello che lui mi ha fatto, e che lui ha avuto una brutta discussione con il suo migliore amico perché ha cercato di fargli capire che stava sbagliando. E’ rimasto da solo, si è isolato da tutti, e questo mi ha fatto capire che è proprio innamorato di lei.
Questo è stato in assoluto il periodo più brutto della mia vita. Questi tre anni sono stati una lenta presa di coscienza della realtà e quando alla fine questa realtà mi è piombata addosso, mi sono sentita come se fossi precipitata in burrone rompendomi tutte le ossa. Adesso devo capire come guarire e rimettermi in piedi per poter cominciare la risalita.
La strada sarà molto lunga e so che piangerò ancora e che non sarò mai più quella di una volta, ma questo per certi aspetti può essere anche un bene.
Per adesso ho deciso di non restare chiusa in casa nei miei week end senza Iaia. Domani parto per Mantova e mi passo un fine settimana da turista sperando di ritornare a casa stando un pochino meglio.
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Sono giorni no, giorni in cui mi lascio trascinare dal tempo. Giorni in cui vorrei solo piangere, ma tante volte devo trattenere le lacrime. Giorni in cui leggo i commenti che mi lasciate e vorrei rispondere, vorrei venire a trovarvi nei vostri blog, ma non ne ho le forze.
Vado a letto la sera e cerco di credere che è un giorno in meno di dolore. Non riesco a dormire e quando finalmente crollo, basta il più piccolo rumore per risvegliarmi e ricomincia tutto da capo.
Mi alzo la mattina priva di volontà, guido, penso e mi sforzo di non arrivare sul lavoro con gli occhi gonfi.
Non ho più voglia di mangiare, di giocare con Iaia di pensare a cosa fare. Faccio delle cose di cui mi pento l’istante dopo averle fatte o dette. Faccio del male a me e agli altri e me ne rendo conto. Cerco di non stare da sola e scoppio a piangere davanti alle mie nipoti quando mia sorella mi dice che è una ruota che gira. A me non sembra proprio.
Piango, piango e piango. Provo un forte dolore che a volte mi toglie il respiro e mi fa battere il cuore più forte. E’ il periodo più triste della mia vita e non so come venirne fuori. Mi dicono che devo farmene una ragione. Ma io non riesco a vederne di ragione. E provo sconforto pensando che è già passato troppo tempo per stare così male.
Cerco case in affitto lontano da qui, soluzioni per farcela da sola. Comincio una battaglia impossibile per cambiare le condizioni di separazione in modo che possa lasciare il mio paese. E anche questo mi fa soffrire perché non vorrei abbandonare il posto in cui sono nata, ma so che sarebbe peggio incrociare loro due abbracciati insieme.
Mi aggrappo alla speranza dell’appuntamento di domani, sperando che ci sia qualcuno che riesca a convincermi che ce la posso fare. Che anche questa fase è normale, che passerà. Ma in realtà non ci credo per niente.
Vorrei dirvi, se passate ancora da qui, che poter scrivere e leggere i vostri commenti, sentire che c’è qualcuno, che pur non conoscendomi, cerca di consolarmi, in qualche modo mi aiuta ad arrivare a sera. Vorrei che non pensaste che sono maleducata perché non vi rispondo, vorrei ringraziarvi perché in tutto questo tempo avete cercato di aiutarmi.
Forse andrà meglio e allora passerò a ringraziarvi per l’aiuto che inconsapevolmente mi avete dato.
Adesso però non riesco a fare altro che lasciarmi andare al mio dolore.
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Oggi lei è qui, nel mio paese. Ho visto i suoi figli in bicicletta nel parchetto vicino casa della mia ex suocera. Ho visto la sua macchina parcheggiata a casa sua.
Sono tre giorni che piango e non capisco perché, proprio ora che pensavo di stare meglio, sono tornata indietro di un anno.
Perché loro possono andare in giro per il mio paese incuranti del male che potrebbero farmi? Perché loro che hanno provocato tanto dolore a più persone, adesso sono in giro sorridenti e felici mentre io sono chiusa in casa a piangere? Dov'è la giustizia in tutto questo?
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Vorrei andarmene, partire, scappare il più lontano possibile. Fare la valigia, solo con le cose essenziali e prendere un treno, un aereo e riprovare a vivere e a respirare in un posto nuovo. Un posto senza ricordi senza possibilità di incontri.
Vorrei poter trovare un lavoro degno di essere chiamato lavoro, vorrei conoscere colleghi nuovi che non mi riportino al passato.
Vorrei con tutte le mie forze lasciare la mia città, morire e rinascere. Vorrei non rischiare di fare incontri che potrebbero distruggermi di dover ricevere notizie che potrebbero farmi definitivamente crollare.
Vorrei, ma non posso. Perché lui non me l’ha permesso. Perché lui per puro egoismo, prima di lasciarmi mi ha convinta a fare un figlio. E adesso, la mia bambina, che è l’unica ragione della mia vita, mi tiene legata a questo posto, a lui.
Sto attraversando la fase più dolorosa, che contrariamente a quello che pensavo, non è la caduta libera e neanche la botta che ricevi quando raggiungi il fondo del tuo precipizio, ma è l’inizio della risalita. Quando la rabbia fa spazio alla consapevolezza, quando i tuoi occhi si riaprono e purtroppo riescono a vedere quello che sarà il futuro. Quando finalmente riesci a rispondere alla domanda che ti eri fatta all’inizio. E la risposta non ti piace per niente.
Qualche giorno fa ho scoperto che la persona per cui mi ha lasciato, si è trasferita nella nostra città (chissà da quanto), a più di 300 km da dove viveva. Io non penso che potrei reagire con indifferenza quando mi capiterà di vederli mano nella mano, o quando mi dirà che andranno a convivere o peggio ancora quando la metterà incinta. Io non voglio, ma ho la sensazione che qualcosa stia già accadendo. E io non so cosa fare…
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Qualche giorno fa, mentre tornavo dal lavoro, il pezzo anteriore della marmitta della mia macchina si è staccato lasciandomi a piedi nel bel mezzo del niente. Se mi fosse successo tre anni fa, sarei andata nel panico e la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata telefonare all’allora mio marito per chiedere aiuto. Quel giorno invece sono riuscita a cavarmela da sola.
Qualche giorno dopo, sempre tornando dal lavoro, ho deciso di andare in un negozio in cui non ero mai stata per cercare qualcosa per il mio nuovo hobby . Mi sono persa dentro ad un paesino e stranamente sono restata calma. Ho girato per il paesino per un po’ fino a che non ho ritrovato la tangenziale. Se fosse successo tre anni fa mi sarei fermata e avrei chiamato sempre lui per farmi venire a prendere, o meglio non ci sarei mai andata da sola, ma avrei aspettato un sabato per andare con lui.
Tutto questo mi ha fatto riflettere, mi ha dato fiducia. Mi sono sentita più forte.
Ho avuto la sensazione di essere giunta finalmente alla fine del mio precipizio, di avere sì le ossa rotte, ma di essere in grado di rialzarmi per capire come uscirne.
Poi però ieri a casa della mia ex suocera, dove ora vive anche lui, è bastata l’ingenuità di Iaia per farmi ricredere. E’ bastato che lei dicesse che i figli della sua “amante” erano stati in quella casa per farmi accorgere di non essere arrivata in fondo al precipizio, ma proprio lì, davanti a me c’è un’altra voragine molto più pericolosa in cui non voglio assolutamente cadere perché ho paura che si chiami depressione.
Così oggi ho guardato fuori dalla finestra. Il sole aveva lasciato il posto a delle nuvole che facevano presagire una tempesta e io sono uscita. Sono andata incontro al vento e alla pioggia perché vorrei che anche dentro di me ci fosse una tempesta, con tuoni fulmini e trombe d’aria per spazzare via la mia apatia.
Non è servito a molto, o forse sì perché è proprio in quel momento che ho deciso che devo chiedere aiuto, che non è normale che dopo quasi tre anni i miei occhi si riempiano ancora di lacrime. Non è normale che io stia male se al supermercato vedo un uomo e una donna insieme ai loro figli mentre fanno la spesa.
La settimana prossima chiamerò la psicologa da cui eravamo andati tempo fa per chiedere come comportarci con Iaia. Io spero che almeno lei sia in grado di aiutarmi.
Non avrei mai creduto che potesse farmi tutto questo male…
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23/3
12:47 io: la tieni anche domenica notte a dormire (Iaia)
12:55 lui: Ovviamente come da accordo la tengo domenica notte. Perché lo chiedi? La avrei tenuta tutte le domeniche e anche dopo le cene in settimana se lo avessi permesso tu
13:35 io: e avremmo potuto tenerla sempre se tu non fossi stato così bastardo x stare con quella degna del tuo nome
Così anche lui adesso conosce il suo nome. Avrei scritto anche quello di lei e cioè zoccola, ma le mie amiche me l’hanno sconsigliato.
La ragazza che ha preso il mio posto sul lavoro, ci ha fatto conoscere un sito dove si vendono scarpe a prezzi molto bassi e così abbiamo fatto acquisti. Le mie scelte sono state scartate tutte, “ non le mette neanche mia nonna” è stata la frase più gentile, così mi sono affidata alle colleghe e questo è il risultato.
Non ho mai avuto delle scarpe del genere e a guardarle mi pare di non avere più l’età per metterle, ma quando potevo stavo con il bastardo e lui le definiva scarpe da zoccola quindi non le ho mai comprate. Buffo pensare che poi mi ha lasciata per una zoccola!
Non so se le metterò mai, magari andrebbero bene per un post concerto dei Duran Duran visto che saranno a luglio!
Le sfighe continuano, ma mi hanno detto che sono io che me le tiro. Si è rotto il ferro da stiro. Mi hanno rubato la bici compresa di super tecnologico seggiolino e pupazzetti di Iaia. Tornando a casa dal lavoro, in mezzo alla campagna si è staccata la marmitta, ma ringraziamo il cielo che non l’ho persa per strada. Il tutto nel giro di tre giorni.
Intanto ho cercato di ascoltare i consigli di chi mi diceva di non crogiolarmi nel dolore, che nei week-end liberi dovrei fare qualcosa che non sia fare la spesa con mia mamma. Che dovrei andare in palestra, uscire, incontrare gente, distrarmi. Per questo ho deciso di farmi….
un hobby.
Ho deciso, non ricordo neanche quando e perché, di darmi alla creazione della bigiotteria. E’ cominciato tutto circa un mese fa, ho girato per i vari Brico e per l’unico negozio che poteva avere perle e attrezzi per cominciare, ma poi mi sono affidata ai negozi on line. Il passo successivo è stato guardare i tutorial, di chi è già capace, che spiegavano come cominciare a fare le prime semplici creazione e ho iniziato.
Queste sono le mie creazioni
Con la collana ho imparato l'importanza di fissare le chiusure con la colla; infatti questa mattina mettendola si è rotto il filo facendo volare a terra le mille pietre.
Questo bracciale è la creazione che più mi piace e mi rappresenta
Per adesso sono una super principiante, ci sono tante tecniche anche complicate, i miei sono accostamenti di pietre. La cosa però che non mi aspettavo è che fosse un hobby così dispendioso e mi dispiace che, visto le spese per ricomprare il ferro da stiro, la bici, il seggiolino e i 220 euro di marmitta, non potrò comprare altre pietre per fare delle collane fino al prossimo stipendio.
I soldi non bastano mai perché succede sempre qualcosa di imprevisto, chissà se riusciremo ad andare in vacanza la prossima estate.
Comunque la cosa bella per chi ha avuto la pazienza di arrivare fino in fondo è che c’è una mia creazione a scelta che voglio regalare alla prima persona che scriverà nei commenti di volerla. Non voglio niente in cambio, non si deve nominare il mio blog da nessuna parte, non mi si deve fare pubblicità, non è lo scopo di questo mio diario. Voglio solo condividere questa passione, far capire com’è bello poter creare qualcosa di personale, che ci rappresenti e mi piacerebbe ricevere dei consigli, specie sugli abbinamenti, perché io non sono molto fantasiosa e faccio un po’ fatica a fare degli schemi sulle possibili creazioni.
Queste sono le creazioni tra cui scegliere.
Il primo è un semplice bracciale con perle turchesi (super finte) e distanziatori in rame.
Il secondo è formato da semicristalli neri e Swarovski.
Il primo è un po’ più stretto del secondo, ma sono entrambi fatti con filo elastico, quindi adattabili.
Cavolo come sono stata prolissa, in questo periodo sono logorroica, secondo me anche questa è una fase della separazione.
ps: intanto guardo Bobo Vieri ballare in tv e rimango scioccata pensando che mi piace, ha qualcosa di Simon Le Bon...
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Zoccola: colei che in un solo colpo ha distrutto contemporaneamente due famiglie, trasformato quattro bambini in adolescenti con il peso di avere genitori separati, costretti a scegliere con chi passare il Natale o la Pasqua.
Bastardo: colui che ha contribuito pesantemente al lavoro della zoccola, con l’aggravante di aver messo al mondo un figlio sapendo a che futuro l’avrebbe mandato incontro.
Vittime: le famiglie di questi “individui” che avranno per sempre il futuro segnato.
Questo è uno sfogo perché un passo per riuscire ad andare avanti è esternare la propria rabbia, dargli un nome e scriverla bianco su nero (ovviamente nero su bianco, si vede che l'ho scritto di getto)per poterla finalmente scacciare dalla propria testa.
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Questo fine settimana si preannunciava come un lungo e triste week-end senza Iaia, che rivedrò solo lunedì sera. Pensavo che mi sarei disperata tutti i giorni, stravaccata sul divano a trangugiare patatine e dolci vari guardando la tv, e invece ho fatto tutt’ altro.
Ieri sono uscita alle dieci del mattino e sono tornata alle otto di sera passando a casa solo per il pranzo.
Oggi ho fatto compere, mi sono presa cura di me, ho cambiato la lampadina di un faretto, ho cambiato l’asse del water (e ce l’ho fatta, anche se la misura non era giusta quindi dovrò cambiarla), ho appena finito la terza lavatrice, ho lavato a mano diversi maglioni di lana e ho fatto un po’ di shopping. Adesso scrivo sul blog poi stenderò e stirerò. Certo sarebbe stato più carino fare un giro con qualcuno oggi, c’è ancora un sole bellissimo e caldo, ma sulla vita sociale devo ancora cominciare a lavorarci.
Intanto ieri ho fatto psicoterapia sul terrazzo. La mia vicina, psicologa, ha chiesto ospitalità per i suoi panni sul mio balcone assolato, così abbiamo cominciato a parlare. Contrariamente a quanto pensassi il suo matrimonio è ancora in crisi, o meglio, lei è ancora in crisi con il suo matrimonio.
Quello che è venuto fuori dalla chiacchierata è che dovrei dare un tempo al mio “lutto”, il che è facile a dirsi, ma non a farsi. Mi piacerebbe dire “ok da domani basta, non mi interesserà più niente, starò bene, non piangerò più e comincerò felice la mia nuova vita”. Peccato che non sia così razionalmente semplice.
Poi visto che mi sto facendo trasportare dagli eventi senza fare niente, lei mi ha detto che forse dovrei fermarmi. Ma come? Cioè, se corro o cammino sono capace di fermarmi, ma metaforicamente parlando come si fa a fermarsi? E poi per fare cosa?
La cosa più interessante è stata “il perché”. La vicina mi ha detto che il motivo per cui non riesco a superare il dolore è che non ho ancora trovato”il perché” e quando le ho detto che non riesco proprio a pensare che ce ne possa essere uno, mi ha risposto che forse il mio perché è da qualche parte che mi aspetta. Si, ma come lo trovo se passo il tempo al lavoro e a casa?
La conclusione della seduta è stata che per “guarire” dovrei “ucciderlo”, metaforicamente si intende anche perché io non uccido neanche le zanzare, ma cerco di farle uscire dalla finestra.
Intanto continuano le “disgrazie”. Questa volta sul lavoro, come dire… sono stata silurata per far posto alla futura nuora del titolare che tra tutti i lavori che poteva scegliere, ha scelto il mio. Così a breve sarò trasferita e farò un lavoro per cui non credo di avere le competenze, e se combinerò qualche casino mi licenzieranno pure!
Per questo ho pensato che quello che faccio non è assolutamente quello che vorrei, peccato che quello che vorrei non è per niente chiaro nella mia mente.
La verità è che sono molto confusa.
Dovrei trovare la mia strada, solo così potrò essere davvero felice.
Ma dov’è la mia strada?
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Quando è iniziata la fine del nostro matrimonio sospettavo da tempo che lui avesse una storia con una collega. Così un giorno d’estate, ho frugato nei suoi cassetti. Mi ci è voluto meno di un nanosecondo per scoprire un'altra prova che alimentasse i miei sospetti. La sera, messo davanti all’evidenza, non ha potuto negare la mia scoperta. Non ha ammesso il tradimento, ma la nascita di una amicizia con questa collega che chiamerò T (che è quello che penso di lei, moglie e madre di più figli). Peccato che alla mia richiesta di farmi leggere le sue mail, non ha voluto.
Da qui è iniziata la fine della nostra storia: lui ha ammesso di non amarmi più, accusando me per il cambiamento dei suoi sentimenti e dandomi della paranoica perché con T non c’era nessuna storia se non un’intima amicizia.
Potrei scrivere che già da più di un anno non ero tranquilla perché si sentivano troppo spesso per telefono, anche quando eravamo in vacanza. Potrei scrivere che quando la sentiva lui cambiava tono di voce, o che ho scoperto una foto del ginocchio di lei, con le calze autoreggenti tirate giù, ma solo perché voleva fargli vedere che si era fatta male! Potrei scrivere che andavano via per lavoro all’estero per diversi giorni e poi mi faceva vedere foto di lei in costume che faceva il bagno, o che quando gli chiedevo come fosse lui mi rispondeva che era carina. Ma io ero paranoica e c’è stato un momento in cui ci ho quasi creduto.
Poi però a due settimane dalla firma della separazione, a quattro giorni dalla sua uscita dalla nostra casa, lui è andato in montagna con lei… e con mia figlia.
Il bello è che quando io, parlando al telefono con Iaia ho sentito una voce femminile, e quando Iaia, una volta a casa, ha fatto il nome di una certa Laura, ho pensato che davvero mi ero fatta tutto un film e che alla fine lui stava con un’altra persona.
Invece Laura è la figlia di T.
E a me è crollato il mondo addosso, lui non l’ha ammesso, ma non l’ha assolutamente negato.
Ha rovinato tutti gli anni che abbiamo passato insieme. Come posso pensare che un uomo che tradisce la moglie quando aspetta un figlio da lui, non lo ha fatto anche prima? Ha distrutto tutti i momenti belli passati insieme.
La verità è che la nostra storia è stata tutto un bluff…
Ieri frugando nel mio cassetto dei ricordi da mia mamma ho trovato un’agenda dove, quando avevo 15 anni, avevo iniziato ad attaccare articoli di giornali e a copiare poesie che mi piacevano.
Ne ho trovata una che, non sapendolo, descriveva il mio futuro
Dimentica il suo nome,
dimentica i suoi baci
dimentica il suo sorriso
e il suo dolce abbraccio,
dimentica il suo amore
che tu hai conosciuto.
Ricordati ora ha un’altra.
Dimentica che piangevi tutte le notti.
Dimentica quando eravate vicini, inseparabili.
Ricorda ora ha scelto lei.
Dimentica tutte le cose che ti ha detto.
Ricorda adesso se n’è andato.
Dimentica le sue carezze,
dimentica il modo in cui ti stringeva.
Ricorda è con lei stasera.
Dimentica quando ti disse
che non ti avrebbe mai lasciato,
che eri più bella della sua vita.
Ricorda ora ti ha lasciato,
e per sempre.
Posted in poesia by shestoomuch | 2 commenti
La verità è che il dover aspettare 20 minuti prima che il mio vecchio pc si accenda e si connetta ad internet, mi fa passare la voglia di sfogarmi scrivendo sul mio blog.
Poi però ci sono momenti come questo, momenti in cui scoppi, ti disperi e piangi, e non c’è nessuno che ti possa abbracciare e dirti che andrà tutto bene. Così ti convinci che non andrà mai meglio e piangi più forte.
E pensi che sia devastante vedere che tua figlia sembri preferire il suo papà a te, che appena ti vede comincia a lamentarsi e ti dice non portarmi via. Che quando invece viene a prenderla suo padre lo prende per mano e non si preoccupa di andare lontano da te.
Allora pensi che questa e la giusta punizione per aver pensato che non volevi figli, anche quando lei era dentro di te e non serve a niente adesso volerle così tanto bene. Non serve a niente sentire che ti mancherà un pezzo di te fino a quando lunedì non potrai rivederla. E dovrai affrontare pranzi cene e notti da sola in quello che sarà un lungo e triste week-end.
Pensi che mai avreste potuto trattarvi in questo modo, litigare davanti a vostra figlia facendola piangere, mai neanche nelle previsioni più funeste. Mai avreste discusso per soldi, perché si, a rinfacciarvi le cose siete sempre stati bravi, ma il rispetto non è mai mancato e comunque fosse andata vi sareste sempre voluti bene, mai odiati.
Poi capisci che le tue spalle sono troppo piccole per sopportare tutto il peso che ti è piombato addosso, ma sei troppo orgogliosa e schiva per chiedere aiuto.
E intanto tutto va a puttane: il lavoro, perché non hai più voglia di fare niente e combini casini e ti prenderai i tuoi cazziatoni; il tuo rapporto con Iaia e questo ti fa più male, ma proprio non ce la fai; la tua famiglia, perché sei nervosa e rispondi male a tutti; la tua vita sociale, perché ormai non te ne frega più niente. E tutti i pensieri ti schiacciano ancora di più.
Sei sola, sola con te stessa e anche se capisci che è così che imparerai ad affrontare la vita, speri di trovare qualcuno che ti consoli sul forum delle famiglie distrutte. Ma sei sfigata fino in fondo e il virus preso dal tuo computer non fa altro che buttarti fuori dal sito.
E sei di nuovo sola, sola a scrivere sul tuo blog. Ma domani sai che andrà meglio e sarai un pochino più forte per affrontare la prossima crisi.
Posted in figli, separazione by shestoomuch | 7 commenti
Sono passati due anni otto mesi e quattro giorni dall’ultimo giorno in cui ho lavorato otto ore.
Era il mio compleanno e mancava un mese alla nascita di Iaia. Le cose con il suo papà non andavano un gran che, io piangevo chiusa in bagno tutti i fine settimana. Non capivo perché mi trattasse con sufficienza, perché non fosse più affettuoso e mi rispondesse sempre male. Ero però sicura che mi amava, che io lo amavo e che le cose si sarebbero sistemate.
Oggi il mio contratto è tornato ad essere full-time.
Ieri mi sono preparata per affrontare al meglio questa giornata, anche se sarei dovuta andare a letto molto prima.
Ho preparato la borsa, ho fatto mettere le gomme da neve, perché il ghiaccio è ghiaccio e se mi succedesse qualcosa rischierei di venir soccorsa soltanto da un fagiano. Ho lavato i capelli e ho scelto con cura i vestiti da mettere, avevo tutto il tempo perché Iaia è in montagna. Ho visto un film, ho finalmente ripreso il libro che ho cominciato tanto tempo fa, ho messo due sveglie e ho cercato di dormire.
Questa mattina quando sono uscita, il cielo mi ha accolto con i suoi colori più belli, un arancione intensissimo quasi rosa, all’orizzonte le montagne innevate colpite dal sole hanno rischiato più volte di farmi andare fuori strada . Mi ero dimenticata di come fosse bello uscire la mattina presto, nonostante il freddo.
Il percorso che faccio per andare al lavoro mi rilassa sempre e poi ho ritrovato i programmi radiofonici con i loro conduttori che mi divertivano tanto.
La giornata è trascorsa bene, è incredibile quante cose si perdono dimezzando le ore di lavoro.
Il mio lavoro mi piace, le persone che mi circondano hanno una simpatia alla Zelig ed è proprio quello di cui in questo momento ho bisogno.
Sono tornata a casa e ho chiamato Iaia. Mi manca da morire e non l’avrei mai detto, anche se da sola è tutto più tranquillo, più lento.
Però non vedo l’ora che torni e di rituffarmi nel caos, nelle corse all’ultimo minuto, nella cucina, perché in questi giorni non ho fatto altro che mangiare schifezze pur di non cucinare.
Sabato mattina suo padre dovrà riportarmela e mi tufferò in un week-end tête-à-tête con lei: non ci saremo per nessuno.
by shestoomuch | 2 commenti
Il mio inizio dell’anno è stato, come prevedibile, molto solitario.
Alle 24:01 cercavo di trattenere le lacrime per non intristire anche mia mamma, facendo il brindisi io con una coca cola e lei con una sprite (che senso avrebbe avuto aprire lo spumante?).
Alle 24: 30, da sola in casa, le lacrime sono venute giù copiosamente mentre passavo l’aspirapolvere. Piangevo mentre ricevevo messaggi di auguri da famiglie felicemente insieme ai loro mariti/compagni e figli. Piangevo perché Iaia non era con me e non lo sarà per una settimana.
Ieri sera abbiamo cenato tutti insieme, comprese le nonne e uno zio. Ma alle 23:30 il papà di Iaia ha deciso che dovevano tornare a casa e io non ho potuto fare altro che salutarla cercando di non farle vedere quanto ero triste.
Oggi erano a pranzo da amici e a me mi si contorce lo stomaco a pensare che Iaia in questo inizio dell’anno è con sua nonna invece che con me.
Domani partirà con il suo papà per la montagna e staranno via per una settimana. Poi comincerà il balletto dei turni settimanali.
Io mi sono resa conto di aver sbagliato, di avergli concesso davvero troppo considerando il fatto che dal 4 gennaio uscirò di casa che lei dorme e tornerò solo per l’ora di cena.
Il Natale è andato abbastanza bene, come previsto il papà di Iaia è andato a Genova e noi siamo state dai miei parenti.
Questi sono i regali che ha ricevuto Iaia.
E questi sono quelli che ho ricevuto io, tranne il pezzo forte che naturalmente è la macchina fotografica che stavo usando.
E’ stato un anno di magra, ma c’è crisi e quindi non ci lamentiamo.
Io insieme ai regali ho aggiunto un biglietto della lotteria Italia che comprende anche un gratta e vinci: mia mamma e mia sorella hanno vinto 5 euro.
Adesso devo farmi forza, impegnare queste giornate nel modo migliore perché dal 9 gennaio la vita si farà davvero dura e allora dovrò cominciare a combattere come non ho mai fatto.
Posted in capodanno, Natale by shestoomuch | 3 commenti